Kalòs ìrtate stin Grecìa Salentina
Benvenuti nella Grecìa Salentina
La Grecìa Salentina, situata nel cuore della penisola è un’area in cui vive una comunità che conserva lingua, cultura e tradizioni d’origine ellenica, composta dai Comuni di Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino.
Se andate a visitare i paesi di questa regione, nelle “case a corte” potrete sentire cantare le antiche canzoni e filastrocche in Grico, oppure i “morolia” studiati dai filologi di tutta l’Europa.
Qui si respira un’atmosfera rarefatta, carica dei ricordi di un antico passato oggi riscoperto, un ambiente sospeso tra il Medioevo e l’Oriente e tra le corti delle case gli anziani risuonano le antiche filastrocche in griko.
Così accanto alle semplici e geniali case a corte della Grecìa Salentina, troviamo altri monumenti ed elementi caratteristici come:
- i campanili delle chiese
- le pozzelle
- le cisterne pubbliche costruite per sopperire alla cronica sete delle campagne di Puglia
- i superbi castelli ed i palazzi baronali.
In estate uno dei principali eventi è la celebre Notte della Taranta che ha il suo apice nel Concertone finale nel centro di Melpignano, in Puglia.
La Grecìa Salentina è l’identità di un luogo inteso in senso storico, geografico, linguistico-culturale. In particolare la Grecìa Salentina è una terra identificata da una lingua, oggi finalmente tutelata da una legge del Parlamento sulle minoranze linguistiche.
Questa terra offre molti prodotti, fra i quali l’olio di Martano, la pietra di Soleto, l’arte sartoriale di Melpignano, le stoffe e i merletti di Castrignano, la gastronomia di Zollino, la frutta secca di Martignano, l’acqua di Corigliano, i formaggi di Sternatia, i libri di Calimera.
Altri tesori sono frutto del tempo, della storia, della cultura: tutti a disposizione di chi ha occhi e tempo per poterne godere.
Il Griko
Il griko ha sempre rappresentato il collante naturale per i nove paesi della Grecìa Salentina, ed ancora oggi è parte integrante della loro storia.
Mantenere viva questa lingua significa tutelare l’identità locale, unica, originale. Il tempo, invece, ha determinato un lento decadimento dell’idioma soprattutto nella forma scritta, sulla quale ha prevalso la lingua parlata. La volontà di custodire il Griko, fortunatamente, ha trionfato. Conservare e trasmettere questa antichissima lingua significa riscoprire l’importanza e la bellezza delle sue origini, potenziare la sua vitalità attraverso un legame con il presente, scommettere sul suo futuro.
Un po’ di storia
I primi abitanti del Salento furono i Messapi (gente fra i due mari), giunti nel VII secolo dall’Illiria. Gelosi della loro indipendenza, non furono mai sottomessi dai Greci, che nello stesso periodo colonizzarono l’Italia meridionale. Furono però ellenizzati e adottarono l’alfabeto, i culti, le tecniche di costruzione dei Greci. Taranto, la grande città dorica, dapprima cercò di sottometterli, poi avviò scambi commerciali.
Si stabilirono fra i Greci e i Messapi relazioni amichevoli, e quando all’orizzonte si profilò la minaccia romana, i Messapi si schierarono con Taranto. Nel 272 a.c. Taranto dovette però arrendersi ai Romani. Qualche anno dopo, tutto il Salento si piegò a Roma, che ristrutturò profondamente il territorio.
Il territorio salentino fu spartito tra i veterani romani e i centri messapici furono saccheggiati e distrutti. Della civiltà messapico-ellenica restarono soltanto i ruderi e le possenti mura.
I romani costruirono villaggi e strade, e la popolazione si andò concentrando nei grossi borghi.
La via Appia, che si fermava a Brindisi, venne proseguita con il nome di Adriana, fino a Lecce, poi con il nome di Calabra fino a Otranto.
Vaste estensioni di terra rimasero incolte, a partire dal III secolo d.c. carestia e malaria imperversarono su larghe zone del territorio.
La lunga guerra greco-gotica (535-553), voluta dall’imperatore d’oriente Giustiniano, coinvolse il Salento che fu saccheggiato sia dai Goti che dai Bizantini. Otranto e Gallipoli rimasero nelle mani dei bizantini.
La guerra e le lotte iconoclaste causarono la prima migrazione dei Greci nel Salento.
Fra il VII e VIII secolo il nome Calabria passò ad indicare l’odierna regione, mentre il Salento assunse il nome di Terra d’Otranto.
Sono questi i secoli più tristi della storia del Salento, ai dominatori Longobardi e Bizantini si aggiunsero gli Arabi. Le interminabili lotte, spopolarono ed impoverirono ulteriormente l’intero territorio.
Nell’ 867 saliva al trono di Costantinopoli l’imperatore Basilio I che voleva riconquistare l’Italia meridionale, liberandola da Arabi e Longobardi.
Con una serie di spedizioni militari riuscì nel suo intento, l’Italia meridionale divenne una provincia dell’impero Bizantino.
L’ellenizzazione del sud Italia e in particolare della Terra d’Otranto era cominciata.
Per primi, giunsero dall’oriente i Monaci Basiliani (da San Basilio anacoreta vissuto a Cesarea in Cappadocia) che favorirono la diffusione di lingua, cultura e civiltà bizantina. Numerose laure (grotte scavate nella roccia) sorsero lungo l’Adriatico, specie a Otranto e Roca Vacchia, molti contadini e pastori che aiutavano i monaci nei loro lavori innalzarono nelle vicinanze le loro capanne, creando veri e propri villaggi.
Ai monaci si aggiunsero soldati, funzionari, impiegati e sacerdoti (Papades) e poi contadini provenienti dal Peloponneso, da Creta, dalle isole Egee e dall’Epiro che diedero origine ai villaggi greci nella zona mediana del Salento.
Tra il IX e l’XI secolo, il Salento fu profondamente ellenizzato, era una vera e propria regione greca nella lingua, nei costumi, nel diritto e nell’economia.
La sede vescovile di Otranto, nel 968 veniva elevata alla dignità metropolitana, assoggettando ad essa tutte le chiese della Puglia centro-meridionale e della Basilicata e venivano sostituiti il rito e i sacerdoti latini, con quelli greci.
I coloni bizantini si insediarono nella parte centro-orientale della penisola, quella più salubre. Lungo la strada che congiungeva Otranto a Lecce e Brindisi, sorsero i villaggi di Carpignano, Cannole, Martano, Castrignano, Cursi, Melpignano e Calimera. Nella zona delle serre, i villaggi di Martignano, Sternatia, Zollino, Corigliano e Soleto. Verso il mar Jonio, Galatina, Sogliano, Cutrofiano, Aradeo, Neviano, Nardò, Casarano, Gallipoli, ecc. Erano centri con popolazione greca e latina.
L’agricoltura si sviluppò e la popolazione aumentò, il clero ortodosso, molto numeroso, officiava in greco e latino, si dedicava a copiare testi sacri e profani, a dipingere affreschi e icone, a insegnare la lingua greca.
Nella seconda metà del secolo XI giunsero nella Puglia i Normanni.
Da allora, cominciò il declino di Bisanzio.
Gli invasori manifestarono rispetto per la lingua, le istituzioni e la religione della popolazione, ma introdussero il feudalesimo e si dichiararono vassalli della Chiesa cattolica. Favorirono il clero latino ai danni di quello greco e i monaci benedettini ai danni di quelli basiliani.
Però dove la popolazione era greca, lasciarono al loro posto vescovi e preti greci.
Tra il XIII e il XV secolo, il clero greco perse le sue posizioni di prestigio, i monasteri basiliani, nel giro di pochi decenni, scomparvero, mentre il clero andò assottigliandosi, gli “scriptoria”, dove erano stati copiati tanti codici greci e latini, videro scemare la loro importanza. I monaci basiliani abbandonarono i loro piccoli conventi scavati nella roccia, che divennero depositi di attrezzi, di legna e paglia, mentre i preziosi affreschi che adornavano le volte e i muri, cadevano in rovina.
Nel 1480 Maumetto II ordinava alla sua flotta di assalire Otranto, anche il monastero di Casole fu distrutto e tutto il Salento centro meridionale subì saccheggi e stragi
Nel corso del ‘500, il Concilio di Trento e la Controriforma, spinsero la Chiesa a prendere drastiche misure in materia di fede. I sacerdoti greci del Salento, furono considerati quasi eretici, non pericolosi ma pur sempre diversi.
Cominciò una velata persecuzione, che nel giro di un secolo portò alla scomparsa del clero greco anche nei paesi in cui si continuava a parlare in griko.
Nel corso dei secoli successivi, inesorabilmente, l’area dei parlanti griko cominciò a restringersi. Alla fine del ‘400 costituiva quasi una fascia ininterrotta dall’Adriatico allo Jonio, nel 1800, i paesi parlanti griko si erano ridotti a tredici comuni, poi ulteriormente ristretti a nove.